La società sparente: per i Calabresi che vivono all'estero
Agli emigrati italiani: in Europa con Gianni Vattimo per la Calabria |
--La Voce di Fiore - Anno II - N° 1 - gennaio 2005 --Editoriale --di Gianni
VATTIMO |
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San Giovanni in Fiore - Movimento politico "Vattimo per la Città" - Aggiornamenti Politiche Internazionali - Dal locale al globale Gianni VATTIMO candidato a Sindaco di San Giovanni in Fiore con due due candidati della lista "Vattimo per la città" la Presidente della Delegazione Florense dell'Unione Italiana Ciechi Franca ANDALI ed il Presidente di emigrati.it Associazione Internet degli Emigrati Italiani Francesco Saverio ALESSIO FILOSOFIA E TECNOLOGIA DIGITALE - e-learning mediterraneo |
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--Anche su questo punto, ci si scontra con una delle tante contraddizioni della Chiesa italiana: che da un lato, con la Caritas e gli interventi di numerosi vescovi, chiede che si eliminino le condizioni disumane nelle quali i "clandestini" sono costretti; e dall’altra tuona contro la minaccia islamica che incombe sulla nostra civiltà (non abbiamo dimenticato le esternazioni del cardinale Biffi; e l’identificazione, da parte del cardinale Ruini, del Crocifisso con il simbolo stesso della nostra identità nazionale...) e cerca di sommergerla. --Del
resto, l’ambigua posizione della gerarchia cattolica
verso il problema dell’immigrazione rispecchia fin troppo bene l’altra, più drammatica
ambiguità: quella che la vede da un lato opporsi
alla guerra, anche alla guerra in Iraq,
e dall’altro registra il peso delle sue compromissioni
con la destra, in Italia e fuori, che a quella guerra offre
un sostegno ben più che semplicemente “atlantico”
– persino la Polonia ha annunciato il proprio disimpegno,
per non parlare di Francia, Germania e della Spagna di Zapatero. --Niente
di più facile, se si guarda alla loro esperienza
di mano d’opera sfruttata, alle difficoltà
abitative, alla mancanza di assistenza di cui in moltissimi
soffrono; la delinquenza
comune rischia di apparire loro come una alternativa un
po’ meno eversiva dell’adesione a qualche
guerra santa. Stiamo facendo un quadro
troppo fosco, certo. Ma in fondo, almeno potenzialmente,
realistico.
--L’ossessione del terrorismo è motivata dalla stesse ragioni essenziali: c’è un mondo di poveri che preme sulle nostre frontiere per condividere quel benessere che la nostra civiltà mediatica non cessa di presentare loro come il solo ideale di vita possibile. --Il terrorismo (dovremmo più correttamente dire: la lotta per l’emancipazione degli “esterni”) è solo l’aspetto più organizzato e minaccioso dello stesso fenomeno; esprime lo stesso mondo che spedisce i clandestini sulle nostre coste. --L’idea che il mondo possa unificarsi progressivamente sotto il segno di una più equa distribuzione di risorse garantita dal meccanismo del mercato è, in ultima analisi, la responsabile di questo “scontro” di civiltà. --Per far crescere le nostre economie abbiamo esportato dovunque i nostri modelli di consumo, senza esportare i mezzi per procurarseli; è un gioco di semplice “idraulica”, come direbbero forse Deleuze e Guattari con la loro idea dei “flussi”. --Suscitiamo negli altri, magari anche in regioni che riuscivano a sopravvivere decentemente nel quadro della loro cultura, desideri e bisogni che li spingeranno a cercare le nostre merci e la nostra “civiltà”; prima di tutto offrendosi come mano d’opera in quel mercato mondiale che a noi interessa sviluppare. Ma succede che il meccanismo “idraulico” non funziona bene; secondo i progressisti ottimisti è solo questione di tempo, capita che le industrie europee creino disoccupazione da noi per spostare la produzione in India o Cina, ma alla fine, a “regime”, le cose si sistemeranno, noi inventeremo nuovi prodotti che riusciremo ad esportare, e così via. --L’insicurezza in cui viviamo, da questo punto di vista, è del tutto fisiologica; una distorsione normale del meccanismo di dislivelli da cui l’economia trae la sua forza propulsiva. --Com’è che questo meccanismo oggi sembra funzionare sempre peggio, o non funzionare più del tutto? --Siamo vissuti così bene – noi che siamo sopravvissuti – nella preistoria di cui parlava Marx, nel mondo che si è sviluppato appunto secondo questo ritmo di flussi e riflussi, guerre, scoperte geografiche, invenzioni di nuove tecnologie e scomparsa di quelle vecchie, crisi devastanti da cui nascevano nuove povertà e dunque nuovi gruppi umani da sfruttare. --Adesso non riusciamo più a sentirci a posto neanche noi, sopravviventi, affluenti, civiltà dell’abbondanza. Forse, o quasi certamente, perché assediati dalla consapevolezza del mondo povero che ci circonda e preme alle frontiere. --La Nike non può più far produrre scarpe e palloni ai bambini indiani perché gli occidentali, sapendolo, non li comprano. E’ solo un’accidentale conseguenza del sovraccarico di informazione, o un segno epocale che il capitalismo ha fatto il suo tempo, e che sta per essere travolto da quel singolare proletariato mondiale che è il pubblico dei consumatori di informazione manipolata, ma non manipolata abbastanza da cancellare del tutto il senso della realtà? --Rimandiamo dunque tutto il problema immigrazione al solito momento escatologico della rivoluzione mondiale? --Non vogliamo lasciarci intimidire da questa obiezione, l’arma finale di tutte le “culture di governo”, di tutti i riformisti e anche di tutti i compromessi su cui si sostiene l’ordine esistente. San Giovanni in Fiore - Il Filosofo Gianni Vattimo con Emiliano Morrone Direttore de "La Voce di Fiore" Solidarietà, carità ed ironia attraverso L'ETA' DELL'INTERPRETAZIONE Il contenuto è rilasciato sotto Attribuzione - Non Commerciale - Condividi allo stesso modo.
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