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Cultura Euro Mediterranea - Cultura Calabrese - Gioacchino da Fiore - Tav. VI del Liber Figurarum - I Festival internazionale di Filosofia in Sila - Silvana Mansio - 7 giugno 2006 - Ermeneutica, Spirito, bellezza e trascendenza

Cultura Calabrese

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Ermeneutiche dello Spirito, tra storia e salvezza Carmelo DOTOLO al 1° Festival internazionale della filosofia in Sila

--1° Festival internazionale della filosofia in Sila - --Ermeneutica, Spirito, bellezza e trascendenza - Gioacchino da Fiore e Gianni Vattimo a confronto: la forza della Calabria

--7 giugno 2006, Silvana Mansio - SERRA PEDACE (CS)

--Carmelo DOTOLO

--Ermeneutiche dello Spirito, tra storia e salvezza

(Sintesi)

--Silvana Mansio , 7 giugno 2006

--Se è possibile rintracciare un’analogia tra la riflessione di Gioacchino da Fiore e quella di Gianni Vattimo, questa si situa nella capacità di ripensare culturalmente l’eredità cristiana come realtà che dona a pensare.

--Al di là di una qualsiasi riduzione ad una sfera privata del religioso, il cristianesimo apre orizzonti di riflessione che intervengono nel conflitto interpretativo della storia e dell’identità umana, così come mostra la simbolica dell’età dello Spirito che rappresenta una modalità di comprensione dell’evento dell’essere. Entro tali coordinate, si possono intravedere due intersezioni tematiche; la rinascita del religioso e il legame tra storia della salvezza e storia dell’interpretazione.

--1. Se per G. Vattimo il ritorno della religione si coglie nelle pieghe di una diversa ermeneutica dell’Essere come evento, per Gioacchino da Fiore l’età dello Spirito è all’origine di una rivalutazione dell’esperienza religiosa che si configura come apertura e ascolto della differenza cristiana nei circuiti della storia. Due sono le parole-chiave che possono delineare il tracciato teoretico di entrambi: la secolarizzazione, che per Vattimo dice la peculiarità del cristianesimo nella concretezza della figura storica della caritas cristiana; l'apocalittica, che in Gioacchino da Fiore intende definire la religione come critica nei riguardi di una coscienza atemporale della fede.

--2 Il nesso tra interpretazione e salvezza è costituito dall’essere che si dà come evento. Interpretare è un movimento esodale, un cammino attento a decifrare segni e tracce che lasciano trasparire una storia della salvezza, cioè una storia che dispone l’uomo ad una inedita creatività culturale e ad una profonda trasformazione della propria identità sul versante della solidarietà, della pietas, della democrazia. In Gioacchino da Fiore, la storia della salvezza è interpretazione della simbolica dello Spirito, la cui legge nuova come regno di libertà sancisce la fine di un mondo, forse, dell’immagine di un’epoca del mondo. Lo Spirito è ermeneuta della storia, perché si offre come contro-modello nei riguardi di esistenze ripiegate su se stesse. L’età dello Spirito inaugura il non-ancora della speranza, suggerendo agli uomini di optare per una qualità differente della società, delle relazioni interpersonali, della città come spazio di bene pubblico. “Il futuro, più che ciò che sopraggiunge all’orizzonte della storia, è ciò che contraddice la storia presente” (H. Mottu).

I Festival internazionale  della filosofia in Sila: da sinistra a destra - Michele BORRELLI - Santiago ZABALA - Giacomo MARRAMAO - Gianni VATTIMO - Francesco Saverio ALESSIO - Mauro PIOLA -  Carmelo DOTOLO - fotografia: Carmine TALERICO

1° Festival internazionale della filosofia in Sila - Michele BORRELLI - Santiago ZABALA - Giacomo MARRAMAO - Gianni VATTIMO - Francesco Saverio ALESSIO - Mauro PIOLA - Carmelo DOTOLO - fotografia: Carmine TALERICO

--Si è, in definitva, in presenza di una visione mistico-profetica che interroga l’appiattimento esistenziale di una religiosità autoreferenziale e di un sacro anonimo volto alla soddisfazione del Sé. Per ambedue i pensatori, l’età dello Spirito introduce una differenza qualitativa che trova nella persona e nel messaggio di Gesù di Nazaret un’anticipazione di un tempo che rivoluziona l’assetto individuale e sociale. In tal senso, il cristianesimo opera quella produttività interpretativa della storia e dell’esistenza che, come scrive il filosofo J. Ortega y Gasset, “consiste nel decidere ciò che dobbiamo essere; pertanto, nell’essere ciò che ancora non siamo, nel cominciare ad essere il futuro. Contrariamente all’essere cosmico, il vivente comincia dal dopo”. E questo dopo è lo Spirito che attua un’inversione escatologica, mostrando il grande sabato della storia.
--“Chi beve alla dottrina spirituale, che vi dà lo Spirito del Signore, non avrà mai più sete, ma questo insegnamento diventerà in lui una sorgente che salirà fin nella vita eterna, nel senso che, trovando sempre in essa di che meditare di nuovo sull’intelligenza storica, passa all’intelligenza morale…” (Concordia, I, V, 60d).

----Carmelo DOTOLO

--"Ermeneutica, Spirito, bellezza e trascendenza. Gioacchino da Fiore e Gianni Vattimo a confronto: la forza della Calabria"

--1° Festival internazionale della filosofia in Sila

 

Kénosis - Crucifissione eseguita al computer da Francesco Saverio ALESSIO con un software per CAD - florense.it web site

Crucifissione - di Francesco Saverio ALESSIO

Kènosis

 

--[...] Con la fine della metafisica, scopo delle attività intellettuali non è più propriamente la conoscenza della verità, bensì quella "conversazione" nella quale ogni argomento ha il fondato diritto di trovare un accordo senza ricorrere ad alcuna autorità. Lo spazio lasciato vuoto dalla metafisica non deve più essere riempito da nuove filosofie che pretendano di esibire un fondamento estraneo alla "conversazione". Nella cultura contemporanea, questa posizione non è rappresentata solo dall'ermeneutica, ma anche da scienziati come Thomas Kuhn e Arthur Fine, da filosofi come Robert Brandom e Bas van Fraassen e da teologi come Jack Miles e Carmelo Dotolo, nei quali la questione della dimostrabilità delle tesi sostenute rimane completamente aperta, giacchè tali tesi si richiamano pragmaticamente ed ermeneuticamente all'edificazione più che alla conoscenza.

--Secondo Rorty e Vattimo, la secolarizzazione non è altro che la storia del pensiero debole: è la secolarizzazione, infatti, a insegnarci che le domande sulla natura di Dio sono inutili a causa della debolezza della nostra ragione. Vattimo precisa che "l'indebolimento che la filosofia scopre come tratto caratteristico della storia dell'essere si chiama secolarizzazione, intesa nel senso più ampio, che abbraccia tutte le forme di dissoluzione del sacro caratteristiche del processo di civilizzazione moderno. Se però la secolarizzazione è il modo in cui si attua l'indebolimento dell'essere e cioè la kénosis di Dio, che è il nocciolo della storia della salvezza, essa non andrà più pensata come fenomeno di abbandono della religione, ma come attuazione, sia pure paradossale, della sua intima vocazione". 1) Non ci viene detto che Dio non esiste, ma solo che non è chiaro che cosa significhi affermare o negare la sua esistenza.

--[...] L'uomo post moderno, se assume fino in fondo la condizione debole dell'essere e dell'esistenza, può finalmente imparare a convivere con sé stesso e con la propria finitezza, al di là della residua nostalgia per la fine di ogni assolutezza della metafisica. --Accettare la condizione costitutivamente scissa, instabile e plurale che è propria del nostro essere, destinato alla differenza, alla transitorietà e alla molteplicità, significa essere in grado di praticare attivamente la solidarietà, la carità e l'ironia. L'uomo che distoglie la sua attenzione dall'oltremondo e la rivolge a questo mondo e a questo tempo (Saeculum significa anche "questo tempo presente") si adopera per far valere gli ideali del pluralismo e della tolleranza ed evita che una particolare visione del mondo s'imponga servendosi dell'autorità che le è attribuita. La "morte di Dio" (un'espressione che originariamente appartiene a Lutero) oggi indica l'icarnazione, la kénosis (dal verbo kenóo, rendo vuoto), con la quale Paolo allude al "vuotarsi di se stesso" compiuto dal Verbo divino che si è abbassato alla condizione umana per morire sulla croce. Tutto questo ci spinge verso una concezione meno oggettiva e più interpretativa della rivelazione, vale a dire verso una concezione "dell'ultimo dio". 2)

tratto dalla INTRODUZIONE - Una religione senza teisti e ateisti - (pag. 23-24) a

IL FUTURO DELLA RELIGIONE - Solidarietà, carità, ironia - Richard RORTY - Gianni VATTIMO

--a cura di Santiago ZABALA, edito da GARZANTI, 2005

note:

1) Vattimo, Dopo la cristianità, Garzanti, Milano 2002, pp. 27-28

2) M. Heidegger, Beiträge zur Philosophie ( Vom Ereignis ), Vittorio Klostermann, Frankfurt am Main 1989

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